È opinione diffusa che noi reclutatori agiamo senza provare emozioni.
Seduti sulla nostra panchina, freddi e impassibili.
In realtà, noi Recruiter lavoriamo seduti su un’altalena… di emozioni.
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Il caso è tratto dal web dal blog del Dott. Matteo Scarabello. Lo ringraziamo
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L’etica professionale ci impone di gestire e condurre i processi di selezione con imparzialità
oggettiva. Allo stesso tempo, tuttavia, la nostra natura umana ci fa lavorare mentre proviamo una
vasta gamma di emozioni.
Emozioni che spesso si susseguono e si sovrappongono molto rapidamente, anche nell’arco della
stessa giornata.
Emozioni che, per la maggior parte, sono causate dalle persone con cui entriamo in contatto e con
cui ci relazioniamo. Altre sono innescate dal contesto: quello aziendale/organizzativo e quello
sociale ed economico.
Se guardo alla mia esperienza quasi ventennale, posso dire, con serena consapevolezza, che ieri
come oggi regnano l’Entusiasmo, la Gioia e la Frustrazione.
supremo.
Ancora oggi mi emoziono quando inizio a lavorare a un nuovo progetto di ricerca, soprattutto se è
sfidante, vuoi per la complessità del profilo da ricercare o per la sua rara presenza sul mercato;
vuoi per il cliente che mi affida la ricerca: che si tratti di un cliente nuovo o affezionato ma difficile,
difficile da accontentare; o ancora, di un cliente storico con cui si è instaurato un rapporto di
partnership e complicità.
È emozionante, quindi, quando riesco a catturare l’attenzione di un’azienda che ho inseguito e
corteggiato per tanto tempo. Un Entusiasmo, questo, che si trasforma in Gioia quando l’azienda
stessa mi chiama, inaspettatamente, memore dei miei precedenti corteggiamenti (con telefonate,
email, profili proattivi, inviti a iniziative, conferenze, webinar).
Questi Entusiasmi hanno il merito di spingermi fuori dalla mia zona di comfort, di farmi studiare e
imparare di più, di farmi vedere e seguire percorsi nuovi o alternativi.
La gioia, invece, è legata agli incontri.
Con persone belle, intelligenti, profonde, semplici, appassionate; con persone che lasciano un
segno o una lezione su di te; con persone che ti permettono di entrare in empatia con loro. Che
siano candidati o rappresentanti aziendali.
Ciò che mi dà gioia è soprattutto la passione che anima le persone, indipendentemente dalle
opportunità di business che quella persona potrebbe rappresentare se venisse assunta.
È motivo di gioia anche sentirsi al fianco del cliente, coinvolti a 360° nel processo di selezione: a
partire dal momento della condivisione delle esigenze e della definizione del lavoro.
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descrizione, passando per l’affiancamento nei colloqui di selezione in azienda, fino al momento della
scelta del candidato.
È anche innegabile che sia una gioia portare a termine con successo un progetto e vedere la
soddisfazione dei miei clienti: candidato e azienda.
Mi dà gioia provare gratitudine. Mi dà altrettanta gioia essere grato a coloro che mi hanno dato
un’opportunità.
Rispecchiare la gioia è frustrazione.
Di cercare e non riuscire a trovare (candidati, soprattutto designer).
Di trovare e non riuscire a ottenere feedback (da persone che non rispondono alle richieste di
contatto e ai messaggi di Linkedin).
Per arrivare alla fine di un processo di selezione e gestire la situazione (sempre più frequente) di
candidati che si tirano indietro all’ultimo momento perché accettano l’aiuto economico della propria
azienda.
Di rincorrere e avere difficoltà a rintracciare i contatti aziendali.
Di avere il candidato giusto per una determinata posizione e di non riuscire a convincere l’azienda.
E viceversa, rendersi conto di avere l’opportunità giusta per una persona e ricevere un rifiuto.
La frustrazione diventa dispiacere quando un’aspettativa viene delusa: di un candidato motivato che
non viene scelto; del candidato e dell’azienda quando non si supera il periodo di prova; di un’azienda
quando non riesco a soddisfare pienamente le sue esigenze.
Credo che l’alternanza spesso improvvisa di Gioia e Frustrazione contribuisca a rafforzare la
Resilienza, la capacità di resistere, di piegarsi senza rompersi, di trovare nuova linfa vitale per la
motivazione.
Nel corso degli anni, nel mio percorso professionale si sono affacciate anche altre emozioni: la
Rabbia per un cambiamento non condiviso o per un torto subito; la Tristezza, ad esempio alla fine
di un’esperienza lavorativa importante e significativa; la Paura, nell’affrontare un cambiamento,
anche se desiderato, anche se necessario.
E in questo periodo di Covid-19, quali sono le emozioni dominanti?
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Certamente Preoccupazione e Perdita: emozioni già provate in altri momenti di crisi socio-
economica degli ultimi anni.
Ma anche e soprattutto Stupore e Soddisfazione: per aver saputo adattarsi a un nuovo modo di
lavorare e di intrattenere e di consolidare le relazioni professionali, grazie alla tecnologia.
Anche la noia occupa un po’ di spazio, perché i ritmi sono più lenti, i tempi più dilatati. Annoiandomi,
però, ho delle intuizioni, vedo le cose da un punto di vista nuovo, mi vengono delle idee.
Non ho paura, perché tendo ad essere ottimista.
Insomma, mentre lavoro provo emozioni diverse: costruttive, raramente fini a se stesse.
Emozioni che sono la leva motivazionale per il mio arricchimento personale e professionale.
Emozioni che rendono il mio lavoro di Recruiter sempre interessante e in continua evoluzione.
Emozioni che, come un termometro, mi confermano che il rapporto con il mio lavoro è vivo e sano.