La Commissione europea riconosce l’importanza dell’imprenditorialità e del lavoro autonomo nel
raggiungimento di una crescita innovativa, sostenibile e inclusiva come delineato nella strategia Europa
2020. Promuovere il lavoro autonomo e l’imprenditorialità per generare nuove
opportunità di lavoro e migliorare le prospettive del mercato del lavoro, in particolare per i disoccupati e
coloro che provengono da contesti svantaggiati. Analogamente, il Pacchetto Occupazione del 2012
riconosce l’importanza del lavoro autonomo e dell’imprenditorialità nella creazione di numerose opzioni
di lavoro per la ripresa economica (Szaban e Skrzek-Lubasiÿska, 2018).
Inoltre, la Commissione Europea distingue tra lavoro autonomo e imprenditorialità all’interno del piano
strategico Europa 2020, evidenziando che ”La Commissione Europea vede l’imprenditorialità come
l’agire su opportunità e idee e trasformarle in valore per gli altri, che può essere finanziario, culturale o
sociale”. Il Fondo Sociale Europeo (FSE) fornisce assistenza finanziaria e consulenza aziendale a
imprenditori e lavoratori autonomi per promuovere l’imprenditorialità. La CE e l’OCSE hanno prodotto
congiuntamente una pubblicazione intitolata “Missing Entrepreneurs”, che evidenzia i problemi affrontati
da gruppi vulnerabili come giovani, donne, migranti, persone con disabilità e anziani quando avviano le
loro attività. Promuove una maggiore conoscenza delle prospettive aziendali, semplificando le leggi e
aiutando il passaggio dal welfare all’imprenditorialità.
Secondo un rapporto dell’OCSE del 2016, gli “imprenditori” sono lavoratori autonomi che assumono
altri. Inoltre, la Commissione europea riconosce e sottolinea i contributi dei migranti allo sviluppo
dell’imprenditorialità. Fornisce finanziamenti sostanziali, linee guida e tutele legali per supportare gli
imprenditori migranti. La Commissione afferma che all’interno dell’UE, i migranti costituiscono un bacino
potenziale significativo di imprenditori. Tuttavia, come altri gruppi vulnerabili, incontrano barriere legali,
culturali e linguistiche specifiche. Affrontare queste questioni in modo completo è essenziale per fornire
un supporto equo agli imprenditori migranti, simile a quello che ricevono altri gruppi imprenditoriali.
Con tutto il rispetto, il lavoro autonomo è anche considerato un metodo popolare per creare opportunità
di lavoro a livello nazionale e globale. Negli ultimi dieci anni, i decisori politici europei hanno dato priorità
al lavoro autonomo come strategia di politica economica e sociale, riconoscendone
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potenziale per creare “più e migliori” posti di lavoro (Spasova e Wilkens, M, 2018). È fondamentale analizzare il
livello di coinvolgimento e gli attuali modelli di lavoro autonomo tra i disoccupati negli stati membri dell’UE, nonché
indagare le differenze di genere causate dalle attuali normative.
La congiunzione di lavoro autonomo e imprenditorialità è frequente perché gli individui che si assumono i rischi e
i benefici dell’indipendenza devono possedere capacità e competenze imprenditoriali. Questa prospettiva è
supportata da varie fonti (Guerra e Patuelli, 2016; Cullen, Johnson e Parboteeah, 2014). Il lavoro autonomo
incarna l’imprenditorialità, poiché gli individui autonomi spesso gestiscono le proprie attività, assumendosi in
genere i rischi associati. Inoltre, gli studi hanno dimostrato che gli individui autonomi spesso rispondono a
specifiche lacune del mercato e tendono a essere più reattivi, adattabili ed efficienti nel soddisfare le esigenze dei
clienti rispetto alle grandi aziende.
La Commissione europea sostiene principalmente l’imprenditorialità attraverso iniziative mirate a disoccupati,
gruppi vulnerabili, imprenditori sociali e microfinanza. Sopravvivere come lavoratore autonomo può essere difficile.
Un Policy Brief dell’OCSE afferma che la maggior parte delle nuove start-up o dei nuovi lavoratori autonomi
durano in genere meno di cinque anni sul mercato. Alcune aziende chiudono perché il proprietario ha scoperto
un’opportunità di lavoro migliore, mentre altre chiudono a causa di aspettative non soddisfatte. Circa il 15% delle
aziende fallisce. Le aziende gestite da imprenditori provenienti da gruppi sottorappresentati o svantaggiati come
migranti, giovani, persone con disabilità e disoccupati sono più inclini a lasciare il mercato. Questi risultati
sottolineano l’importanza di fornire programmi di istruzione e formazione sull’imprenditorialità e il lavoro autonomo.